Come sviluppare un piano di disaster recovery conforme alla NIS2
- Redazione LexTech Hub
- 4 apr
- Tempo di lettura: 4 min

La direttiva (UE) n.2022/2555, anche nota come NIS2, rappresenta un passo fondamentale nel rafforzamento della sicurezza informatica a livello europeo. In questo contesto, uno degli elementi chiave richiesti alle organizzazioni è lo sviluppo di piani di disaster recovery (DR) che siano conformi ai requisiti normativi e in grado di garantire la continuità operativa in caso di incidenti informatici. Il disaster recovery, inteso come processo di ripristino delle operazioni critiche a seguito di un evento disruptive, è un pilastro della gestione del rischio previsto dalla NIS2. La direttiva sottolinea la necessità di adottare approcci proattivi e sistemici che coinvolgano sia misure tecniche che operative.
Di seguito i passaggi principali per sviluppare un piano DR conforme alla NIS2.
1. Analisi dei rischi e delle vulnerabilità
Un piano di disaster recovery efficace deve partire da una profonda comprensione delle minacce e delle vulnerabilità a cui l’organizzazione è esposta. La NIS2 enfatizza la necessità di un’analisi sistematica dei rischi, che includa:
minacce informatiche, come attacchi ransomware, malware e phishing;
minacce fisiche, come interruzioni di alimentazione elettrica o calamità naturali;
errori umani e malfunzionamenti tecnici;
vulnerabilità nella catena di approvvigionamento, specialmente per i fornitori di servizi IT.
L'analisi deve considerare la probabilità e l'impatto di ciascun rischio, fornendo una base per la progettazione di misure di mitigazione. Questo approccio «multirischio» aiuta le organizzazioni a costruire piani DR personalizzati, proporzionati alla loro dimensione e alla natura delle loro attività.
2. Definizione degli obiettivi del piano di disaster recovery
Gli obiettivi del piano devono essere chiari e misurabili. Tra questi, la direttiva NIS2 evidenzia:
RTO (Recovery Time Objective): il tempo massimo entro cui devono essere ripristinate le funzioni critiche.
RPO (Recovery Point Objective): il punto massimo di perdita di dati accettabile durante un incidente.
Questi parametri consentono alle organizzazioni di pianificare investimenti mirati in tecnologie di backup e ripristino.
3. Implementazione di misure tecniche
La direttiva NIS2 richiede alle organizzazioni di adottare soluzioni tecniche avanzate per supportare il disaster recovery. Queste includono:
sistemi di backup e ripristino che devono essere implementati su base regolare, con test periodici per verificarne l’efficacia;
segmentazione delle reti che aiuta a isolare le aree compromesse per limitare l’impatto degli attacchi.
sistemi di rilevamento e prevenzione delle intrusioni (IDS/IPS).
crittografia dei dati, per proteggere le informazioni anche in caso di compromissione.
La gestione degli aggiornamenti e delle patch di sicurezza gioca un ruolo cruciale, prevenendo vulnerabilità che potrebbero essere sfruttate durante un attacco.
4. Sviluppo di procedure operative
Un piano di disaster recovery deve includere procedure dettagliate per:
gestire gli incidenti: dalla rilevazione alla segnalazione, seguendo le linee guida imposte dalla NIS2 per una notifica tempestiva alle autorità competenti.
coordinare le comunicazioni: la comunicazione interna ed esterna è fondamentale per gestire le aspettative degli stakeholder e garantire una risposta coordinata.
effettuare il ripristino delle operazioni: documentare ogni fase del processo per garantire trasparenza e conformità normativa.
La documentazione deve essere aggiornata regolarmente e accessibile a tutti i membri chiave del team responsabile della gestione delle crisi.
5. Test e simulazioni
La direttiva NIS2 sottolinea l’importanza di testare regolarmente i piani di disaster recovery. I test consentono di:
identificare punti deboli nelle procedure esistenti;
valutare la preparazione del personale coinvolto;
simulare scenari realistici per garantire che il piano funzioni anche in situazioni di stress.
6. Formazione e consapevolezza
La formazione del personale è essenziale per garantire una risposta efficace agli incidenti. Programmi di formazione specifici dovrebbero includere:
procedure di risposta agli incidenti;
riconoscimento delle minacce informatiche;
utilizzo degli strumenti e delle tecnologie di supporto al disaster recovery.
La creazione di una cultura aziendale orientata alla sicurezza è uno degli obiettivi principali della NIS2, contribuendo a ridurre errori umani e migliorare la resilienza complessiva.
7. Ruolo della cooperazione e condivisione delle informazioni
Un altro aspetto fondamentale della NIS2 è la promozione della collaborazione tra le organizzazioni e le Autorità competenti. La condivisione delle informazioni su minacce e incidenti è incoraggiata attraverso:
piattaforme di scambio sicuro;
meccanismi di collaborazione con i Computer Security Incident Response Team (CSIRT).
Questo approccio favorisce una risposta coordinata e aumenta la resilienza del sistema complessivo.
8. Monitoraggio continuo e miglioramento
Il piano di disaster recovery deve essere un documento vivo, soggetto a monitoraggio continuo e revisione. Le organizzazioni devono:
aggiornare il piano in base alle nuove minacce;
integrare feedback provenienti dai test e dalle simulazioni;
adattarsi alle evoluzioni normative e tecnologiche.
La conformità alla NIS2, e del relativo d.lgs 138/2024, richiede alle organizzazioni di adottare un approccio sistematico e proattivo nella gestione del rischio, con particolare attenzione al disaster recovery. Sviluppare un piano DR conforme alla direttiva non è solo una necessità normativa, ma un'opportunità per costruire una resilienza digitale che garantisca continuità operativa e fiducia degli stakeholder. Investire in tecnologie, competenze e cooperazione è il primo passo verso un ecosistema digitale più sicuro e robusto.
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Vanessa Maria Cunico
Redazione LexTech Hub
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